Il giardiniere nell’esercizio della sua professione
Ora parlerò del coltivamento delle rose, trascrivendo quanto ne ho detto nel mio Ortolano dirozzato. Ebbi allora in animo di dare la descrizione delle specie; ma siccome non ne ho vedute che la minor parte, così mi riserberò a farlo in altra occasione.
Le regole per la coltivazione di questa pianta, che fu sempre chiamata la regina dei fiori, non sono niente difficili. Ama la rosa di mediocre qualità, piuttosto sciolte che tenaci, ed in queste come nelle troppo sterili languiscono. Io ho sperimentato che per conservare più vivo il colore di alcune varietà bisogna non porre le piante in esposizione troppo soleggiata. Credo pure potere assicurare che il colore cambiasi nel cambiare paese. Io ebbi, sono sette anni, una rosa oscurissima, cioè di un color rosso tendente al nero, da Firenze. Ora non è più cupa la sua tinta.
Si propagano le rose col mezzo delle margotte, e con maggior facilità, separandone le piante vecchie, e staccandone ogni anno i rami già barbicati che si veggono spuntare intorno. Si noti, ed io ne ho fatta cento volte l’esperienza, che anche pochissime radici bastano per farle barbicare. Per la fine di Ottobre o meglio verso la metà di Novembre, si fa il trapiantamento. In inverno, se siano di specie delicate, sarà ben coprirle al piede, onde, gelando (cosa che di rado avviene) i rami, intatta rimanga la radice.
Del rimanente, la cura da aversi delle rose da orto, consiste nel tenerle monde dai seccumi; e nel tormentarle il meno che si può. Io ne ho coltivate dalla prima specie, che aveva ridotte a foggia di alberetti alti due metri e più. In autunno ogni due anni ne faceva scalzare e levare se v’erano radici vecchie, poi vi dava un poco di letame ben digerito, e lo mescolava alla terra con la quale ricopriva le radici, avvertendo di lasciarla ammucchiata intorno al pedale, perchè servisse ad impedire all’acqua d’inverno di cacciarsi aderente al tronco.
In fine a Febbraio od anche a Marzo le visitava, e senza mai potarle affatto, le rimondava dai seccumi, e levava via quando v’era alcuno dei vecchi steli, il quale chiaramente mostrasse che per la sua antichità era dannoso al rimanente della pianta; poi legavale. La raccolta era per lo più felicissima. Soltanto le larve della tenthredo rosae me le spogliavano senza remissione, essendomi riusciti inutili tutti i metodi tentati per liberarle. Questa legatura si rinnovava all’autunno affinchè le nevi cadendo non le danneggiassero. So che alcuni tosano ogni anno spietatamente le rose. Io risparmiandole fin mai che poteva, ebbi il piacere di averne una grandissima copia. Alcuni ad avere rose in autunno preferiscono tagliare le piante che hanno già fiorito al principio dell’estate; altri dicono di piantarle quando hanno cominciato di mettersi in succhio, e poi tornarle di nuovo a piantare, ma in luogo ombroso. A me nessuno di questi metodi è riuscito. Bensì ne ho avuto da quelle varietà che tutti i botanici conoscono, con la denominazione, oggi oggi però non adoperata, rosa omnium kalendarum. Chi tiene le rose a siepe procuri di governarle in maniera che non siano troppo affastellati i rami, e badi pure che non si sguarniscano a basso. Quindi consiglio chiunque di imitare il mio processo. Quando io pianto (ed è alla metà di Novembre) una siepe di rose, data la preferenza a barbatelle giovani e ben radicate, apro un fosso poco più profondo di un piede, che fo vangare ancora nel suo letto o zappare minutamente, levando i sassi. Se il terreno è buono non vi pongo letame, ma colloco le barbatelle distanti fra loro quasi due piedi.
Allorchè è cominciata la nuova messa, subitamente piego i rami, ed a poco a poco, non permettendo mai alla siepe di alzarsi oltre un metro, la tengo sempre ben guarnita, e così tardano a presentare i vani, proceduti dalla vecchiaia, ne godo più a lungo. Del resto, parco adopero il ferro, e seguito solito. La rosa in primavera riesce, ma tarda a produre, laddove piantata in autunno talvolta fiorisce nel maggio successivo. Per aver rose qualche giorno prima, oltre l’esposizione, giova coprirle la notte. Se mettono molti bottoni, si levino, lasciandone uno per ramo che si aprirà più presto e sarà più bello. Chi ha molte rose potrà continuare la raccolta otto o quindici giorni dopo che è già finita per gli altri, avendo due precauzioni, che io ho sperimentate esattamente. Prima si leveranno tutti i bottoni più grossi, ma solo di mano in mano che saranno presso a fiorire, ed a poco a poco. Che se vogliasi e si possa comodamente coprire le rose, e ripararle dal sole, si otterrà lo stesso. Per avere più belli e ben conformati questi fiori non se ne lascierà che uno solo per ramo sul principio della fioritura, mentre gli ultimi non sono mai così belli come i primi; osservazione più volte da me replicata
Ripreso dal volume “Il giardiniere avviato nell’esercizio della sua professione”
Professore di agricoltura nell’universita’ di Bologna, poi in quella di Modena, ed anche ispettore di quei reali giardini VOL. I LIBRERIA ANTICA E MODERNA DI GAETANO SCIEPATTI SUCCESSORE A SILVESTRO 1864